Quando mia madre entrò nella grande stanza
da pranzo dal soffitto a cassettoni, quattordici seggiole Kohn si mossero
contemporaneamente per dar modo ai parenti convenuti di girarsi a guardarla.
Aveva diciannove anni. Un vestito di leggero velluto azzurro pervinca e una gran
fascia di moire dello stesso colore che le cingeva la vita da 35 centimetri e si
concludeva dietro in un nodo gigantesco visibile anche di fronte, creazione di
Finzi di Bologna, se ricordo bene. A proposito dell'enorme fiocco, mia
madre era esponente ufficiale di una pregevole teoria sulla bellezza
dell'abnorme. Ciò che è esagerato, in rapporto all'insieme, troppo alto o fuori
misura o vistoso, deve, per dare quel tocco speciale di eleganza, esser fatto di
materiale pregiato e coniato da una mano esperta e raffinata, per rincorrere,
nella dismisura, una intrinseca, armoniosa proporzione. Così per la parrucca di
Nefertiti o per le lunghe dita ed il ventre della moglie del banchiere Arnolfini
o per gli obelischi di Atshepsut, o per lo
strascico di Diana. Vi ricordate del grande fiocco viola che portano le tre
figure in nero nel dipinto di Delvaux, "la voie publique"?
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