10/16/2009

Edward Hopper (1882-1967) – cio' che non si puo' attendere è atteso

Hopper indifferente alla pittura rivoluzionaria di Cezanne e Picasso, si è ispirato alla generazione precedente di Manet e Degas. Eppure Bréton lo ha defnito l'unico surrealista americano. Attraverso la pittura sembra essersi posto sempre la stessa domanda: Cosa ce ne facciamo del tempo e cosa fa il tempo a noi? Una figura impassibile occupa una stanza nuda, sottovuoto, uno spazio asettico che sembra tenerla al riparo dal dramma e dall’emozione. La sensazione è quella di assistere ad un avvenimento che non accade, dove è netta separazione dell’uomo dalla donna, della civiltà dalla natura, dei cittadini dalla loro città, del dentro dal fuori.Questa frattura interno-esterno si riassume nella finestra, allegoria di apertura sul mondo e chiusura in se stessi, fonte di angoscia nonostante una illusoria trasparenza. E' evidente l'incomunicabilità tra noi stessi e un mondo esterno dove non succede niente, visione di orizzonti fuori campo e quindi proibiti. I personaggi di Hopper ignorano deliberatamente che c'è qualcuno che guarda, negando così la loro solitudine, che in questo modo diventa la nostra.
In una atmosfera di distanza dall’ambizione americana dove i paesaggi ricordano un po' quelli di De Chirico, e la luce quella di Vermeer, come unico interlocutore che si posa sulla notte dell’anima, i personaggi sono  intrapppolati nell'autismo dell'attesa di un mondo che forse non esiste, devono farsi compagnia da sè.
A Milano, fino al 31/01/2010 – Palazzo Reale
tutti i giorni 9.30-19.30 – lunedì 14.30-19.30 - giovedì 9.30- 22.30
Ingresso ridotto per alcuni teatri e Soci ACI, CTS, FAI, TOURING CLUB, Feltrinelli Carta Più, SKIRA, CRAL, ARCI, FNAC
Al Museo della Fondazione, a Roma, dal 16 febbraio al 13 giugno 2010 e poi a Losanna per l’estate 2010

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